La Mela Dei Folli
Si afferma che siano stati i frati Carmelitani che
provvidero a diffonderla nel resto dell’Italia,facendola
entrare negli orti, dove erano coltivate sia le piante
medicamentose,sia quelle alimentari. All'inizio fu
accolta tiepidamente. Nel 1550 la melanzana è citata nel
Trattato della coltura degli orti e giardini del
naturalista italiano Soderini.: occorreranno secoli,
ossia bisognerà arrivare verso la metà dell’800,perché
possa diffondersi su molte mense europee. In Italia la
melanzana è cucinata dal Quattrocento, con una
diffusione nell’Italia centrale e poi in quella
settentrionale dopo il XV secolo. Infatti, per molto
tempo quest’ortaggio non riscosse un particolare
successo perchè si riteneva che fosse tossica, fino a
produrre pazzia. Ma perché la melanzana in tempi antichi
veniva definita come la “mela dei folli”? Tale
denominazione deriva dalla credenza che il vegetale
fosse velenoso, causando turbe psichiche ed anche
disturbi intestinali con meteorismo. Secondo il medico
arabo Ibn Botlan (che ci tramandò preziosi precetti
d’alimentazione e dietetica attraverso il suo contributo
al Tacuinum Sanitatis, prima enciclopedia di scienza
naturale oggi conservata alla Biblioteca Casanatense),
la melanzana generava "melanconici umori" e spingeva
alla lussuria smodata; quattro secoli fa, studiosi e
naturalisti accettavano l’antica credenza che faceva
derivare il nome di melanzana dal latino malum insanum,
in altre parole frutto insalubre. Da allora la melanzana
ha sempre avuto molti nemici e addirittura furono messe
in giro voci che diffondeva la peste, il cancro e la
cefalea. Fu anche per questo che la melanzana fu
soprattutto un ortaggio dalle classi medio-basse. Da qui
la non corretta denominazione di mela insana o malum
insanum, nella doppia accezione di mela non sana perché
dannosa, e di mela che rende insani o folli. La
melanzana appartiene ad un genere di piante a fiore
appartenente alla famiglia delle Solanacee. Comprende
circa 1400 specie, annuali o perenni, cespugliose,
arbustive e rampicanti ed è perciò uno dei più vasti
generi dell'intero regno vegetale. La melanzana è oggi
un alimento “sano” ed assolutamente privo di pericolo.
Per questi motivi la melanzana, che fa parte della
cucina tradizionale indiana, ha avuto un buon successo
alimentare in molte parti del mondo, ma soprattutto
nelle cucine mediterranee e tra queste anche in quell’italiana.
La melanzana è stata la prima solanacea introdotta nel
Mediterraneo e tutto fa ritenere che fin dall’inizio sia
stata utilizzata come alimento, soprattutto popolare. La
melanzana, infatti, entrò nella cucina nobile e quindi
nella gastronomia soltanto nel secolo XVI, e certamente
in modo non abbondante. Tutto fa pensare che –invece- la
melanzana sia stata regolarmente mangiata dal popolo,
come dimostra quanto sopra riportato da Vincenzo Tanara
ed anche la sua presenza nella caponata siciliana.
Secondo Di Prima (1998), la prima indicazione della
presenza della melanzana nella caponata è quella di
Mortillaro (1853), che c’informa che tra gli ingredienti
principali ci sono, oltre al pesce, petronciane
(melanzane) o carciofi (altro ortaggio con denominazione
d’origine araba: kharsh_f ). Secondo Di Prima (1998) la
caponata nasce da un insieme di polipetti, sedano,
melanzane in sugo agrodolce, e la stessa denominazione
di caponata è interessante poiché permette di riferire
la melanzana ad un uso popolare. Molto si è discusso
sull’etimologia di caponata e dei suoi eventuali
rapporti con i termini iberici di capirottata,
capirotada o capironades, ma una precisa disamina di Di
Prima (1998) deve far ritenere che il termine caponata
sia in relazione a quello latino caupona, ossia taverna
od ostessa, ed all’aggettivo cauponia quindi cibo da
taverna. Su questa linea, pienamente condivisibile, si
deve ritenere che la caponata, qui considerata perché
oggi è una delle utilizzazioni più tradizionali della
melanzana, è fatta di “cose varie” ed anche al di là
dalla stagionalità degli ortaggi, è possibile ipotizzare
l’esistenza di due grandi formule di caponate: quella a
base di verdure (dei poveri) e quella a base di pesce.
La caponata siciliana vegetariana, “dei poveri”, si é
evoluta con la presenza di: melanzane, sedano, cipolle,
olive, capperi e, raramente, carciofi, in salsa
agrodolce (aceto più miele, oppure aceto più zucchero).
Nelle caponate con presenza di pesce sono note diverse
ricette, a partire da quelle che Ippolito Cavalcanti
riporta nel suo libro La cucina teorico-pratica con
corrispondente riposto (1839). Capponata di pesci
miniati
Per fare questa caponata fammi la grazia di vederla come
si fa al foglio 332 per non fare una tiritera lunga
lunga.
[Ed ecco la ricetta della p. 332 del libro del
Cavalcanti, che non ha avuto bisogno di traduzione
perché gia scritta in italiano.]
Prendi n. 10 biscotti di mezzo grano l'uno, ma che siano
buoni biscottati, ridurrai in pezzi e li spungherai con
aceto bianco e Malaga, li sgocciolerai e li rivolterai
in moltissimo olio, con sale e poco pepe, ed un poco di
zucchero; inzuppati ancor bene di questa seconda salsa,
li sgocciolerai di nuovo, e li porrai in una scodella:
prendi cinque buone lattughe, ed altre di scarole, le
laverai, e le premerai, e le triturerai finissimo,
mescolerai queste erbe, e l'accomoderai in un'altra
scodella con aceto bianco, molt'oglio, sale, pepe e
zucchero, rivolterai benissimo e le sgocciolerai con
pressione, lesserai del pesce (come cefalo, merluzzo,
spinola, schettini, grosse alici) lo spinerai, e lo
condirai con oglio, aceto e succo di limone, del sale,
del pepe, ed una grazia di zucchero; terrai pronte delle
alici salse ben lavate, spinate, asciugate e tutte
conformate, come ancora delle olive bianche e nere, dei
capperini e capperoni, de' cetrioli in aceto tagliati a
filettini ed a rotelline; dei peparoli in filettini, ed
a scacchetti, degli ovi duri in piccolissimi quartini,
delle patelle ben pulite, una carota ben cotta e non
spinosa, delle fettoline di limone e di portogallo;
fatto questo apparecchio darai principio alla tua
graziosa capponata.
Farai nel piatto proprio un suolo de' biscotti, e sopra
ci porrai delle erbe, sopra di queste ci porrai un suolo
di pesce, e cosi terminerai finche hai biscotti erbe o
pesce; accomoderai tutto in forma di una piramide, ed
alla sua estremità ci farai figurare una cimetta di
scarola bianca "grifa" (riccia); vesterai la caponata
tutta con delle dette erbe, da non far vedere ne li
biscotti ne il pesce; prendi li filetti d'alici salse, e
con questi ci farai delle diverse riquadrature, insomma
farai un disegno di tuo genio, nei vuoti di filetti
d'alici salse, disporrai tutte le composte anzidette, in
uno porrai delle olive nere ben triturate, da sembrare
quasi un colorito, e cosi farai per tutti, per cui ho
detto capponata miniata; al bordo del piatto porrai le
fettoline del limone, e portogallo a vicenda, e cosi la
servirai. Sfido a chicchessia, quantunque fosse
analfabeta di Gastronomia, che nel solo leggere questo
articolo eseguirebbe la Capponata meglio di me.
E per questo piatto pure, va a vederlo al foglio 14 (si
intende la pagina 14 del libro del Cavalcanti).