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L'Olio


L'Olio
L’origine dell’olivo si perde nella notte dei tempi e la sua storia è intimamente legata alla storia delle civiltà, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del mare Mediterraneo. “Olea prima omnium arborum est” (l’olivo è il primo di tutti gli alberi) scrive nel “DE RUSTICA” Giunio Moderato Columella (I secolo d.C.), uno dei più grandi esperti di agricoltura di tutti i tempi. In effetti l’origine della coltivazione di questa pianta, tipica del Mediterraneo, si colloca nella notte dei tempi. La pianta è originaria dell’Asia Minore e si diffuse, circa 6.000 anni fa, in tutto il bacino del Mediterraneo. Tra le tante leggende che circondano l’olio si ricorda un mito greco che attribuisce la creazione della pianta di olivo ad una diatriba fra Poseidone ed Athena relativo a chi, fra i due, potesse edificare un proprio tempio sull’Acropoli. Zeus, chiamato come giudice per dirimere la contesa, decise che avrebbe avuto questo onore chi fosse riuscito a creare qualcosa di veramente utile all’uomo. Poseidone inventò il cavallo, Atena l’olivo e vinse. Gli uomini dell’Attica, a loro volta, gratificarono la dea assumendo l’olivo come sacro simbolo della stessa divinità e della città di Atene ad essa dedicata.
Secondo Plinio l’olivo fu importato in Italia dai Greci all’epoca di Tarquinio Prisco e già gli Etruschi ne praticavano la coltivazione fin dal VI secolo a.C.. I Romani usavano quotidianamente l’olio in grandi quantità e diedero pertanto grande impulso alla produzione e al commercio. Con la fine dell’impero romano e le invasioni barbariche, la coltivazione dell’olivo perse d’importanza, ma fu ripristinata secoli dopo grazie all’azione di alcuni ordini monastici, fra cui i Benedettini e i Circestensi. Nella penisola Italiana l’olivo si diffuse dapprima lungo le coste della Sicilia ed in quelle della Calabria, dove venne introdotta la tecnica di estrazione dell’olio, poi in Sardegna, nel Metapontino, nel Salento e solo in seguito verso il nord, cominciando dal resto della Puglia, nella Campania, nel Lazio, nelle Marche, nella Toscana ed infine in Liguria e nelle coste del Garda.In Toscana, e in particolare nella provincia di Firenze, fu la famiglia dei Medici a stimolare la diffusione dell’olivo, favorendo la cessione ai Comuni di terreni collinari, incolti o boscosi, con l’obbligo di affittarli a prezzi minimi a chi li trasformasse in oliveti e vigneti. Nacque così il paesaggio tipico delle colline intorno a Firenze.
L’olivo e il suo olio sono strettamente legati alla civiltà contadina e all’alimentazione dell’uomo mediterraneo, innumerevoli sono i contatti con il sacrale e il divino che questa pianta ha trovato nel corso dei secoli. Si tratta di un prodotto “antico” di seimila anni, ma al contempo giovane, perché le sue proprietà nutrizionali rimangono inalterate e imbattibili: basti pensare ai mille vantaggi che da esso provengono sia per la salute che per la preparazione degli alimenti, due aspetti certo non trascurabili a tutte le età. Da millenni l’olio costituisce, con cereali e vino, la base dell’alimentazione degli uomini ed ancora oggi lo si produce quasi con gli stessi sistemi dell’età mesolitica: la prima rivoluzione industriale e quelle successive hanno portato modifiche agli strumenti di produzione ma non ai principi. In Italia, portato dai coloni greci, l’ulivo fu coltivato dagli Etruschi, che già nel VII secolo a.C. ne possedevano vaste piantagioni. Più tardi i Romani organizzarono razionalmente la distribuzione e il commercio dell’olio. A Roma costituirono l’arca olearia, una sorta di borsa dell’olio d’oliva, dove collegi di importatori, “negotiatores olearii”, trattavano prezzi e quantità. Secondo i più illustri naturalisti romani, esistevano ben dieci varietà diverse di ulivi e l’olio prodotto era classificato in cinque categorie. Il più pregiato era l’Oleum ex albis ulivis, ottenuto da olive verde chiaro, cui seguivano il Viride, ottenuto da olive che stanno annerendosi, il Maturum, frutto della spremitura di olive mature, il Caducum, ottenuto da olive raccolte da terra, e il Cibarium, prodotto con olive bacate e destinato solo agli schiavi. Con la decadenza dell’impero e la cessazione dei tributi, l’olivo venne però a mancare e le invasioni barbariche fecero pressoché scomparire la pratica colturale dell’olivo. Nel Medioevo sopravvissero oliveti di ridotte dimensioni presso alcuni conventi e nei feudi fortificati che sorsero soprattutto in Toscana. Successivamente, furono proprio i conventi a ricreare oliveti di grandi dimensioni, dati in gestione a contadini con contratti “ad laborandum”, secondo cui il proprietario dell’oliveto riceveva parte del raccolto e alcune giornate di lavoro nelle proprie terre. Più tardi, nel XII secolo, vennero stipulati contratti “ad infinitum”, cioè senza limiti di tempo, per cui i contadini si impegnavano alla coltivazione in cambio di un fitto, sovente pagato in olio. Gli oliveti ripresero a diffondersi, Firenze divenne un centro importante per la coltivazione ed emanò severe leggi che regolamentavano la coltivazione dell’olio e il suo commercio; Venezia e Genova cominciarono a commerciare quantità sempre maggiori di olio proveniente da Corinto, Tebe, Costantinopoli e dalla Romania, Provenza, Spagna e Africa del nord. All’inizio del XIV secolo, la Puglia divenne un enorme oliveto e piantagioni sorsero in Calabria, Abruzzo, Campania e Sicilia. Tale divenne l’importanza di questo alimento per queste regioni che, nel 1559, Parafran De Riveira, vicerè spagnolo, fece costruire una strada che collegava Napoli alla Puglia, alla Calabria e all’Abruzzo per agevolare il trasporto dell’olio. Dopo una stasi attorno al 1600, dovuta alla dominazione spagnola che aumentò le tasse sulla produzione dell’olio e instaurò contratti a termine della durata di due o tre anni (non più convenienti per il coltivatore), la produzione riprese a crescere nel 1700 con lo svilupparsi del libero mercato e l’esenzione di tasse sugli uliveti per la durata di quarant’anni. L’olio italiano venne diffuso in tutta Europa, e la stessa Caterina di Russia ricevette campioni di olio italiano racchiusi in un cofano in legno d’olivo. Nel 1830 papa Pio VII garantiva un premio in denaro per ogni olivo piantato e curato sino all’età di 18 mesi. Persino re Umberto, nel 1944, emanò un decreto, ancora oggi in vigore, che vieta l’abbattimento delle piante d’olivo. Oggi si calcola che quasi la totalità di piante di olivo coltivate nel mondo sono presenti nel bacino del Mediterraneo, anche se si coltivano ulivi anche in Sud America, Australia, Oceania, Cina.
L’olivo è ovunque nel mondo e ogni anno le coltivazioni aumentano, così come cresce l’interesse per l’olio extra vergine.